Potrebbe essere il ristorante del futuro ma l’obiettivo è che diventi, intanto, quello del presente e che continui il suo percorso iniziato nel 2017. Altrove si trova al civico 34 di via Benzoni nel quartiere Ostiense/Garbatella di Roma, ma è solo l’inganno della geolocalizzazione a posizionarlo in questo luogo perché di fatto qui il cibo non ha confini e neppure barriere.
Nel quartiere Ostiense di Roma apre Altrove. No Borders Food
La chef Agosti ha studiato un menù che rispecchia a pieno l’anima di Altrove e l’ha fatto partendo da alcuni ingredienti che si ritrovano nella cucina del Mediterraneo come pure in quella Orientale. Sono i ceci, le patate, la carne di pollo e di pecora. Ma il ruolo da protagonista, in tutti i piatti presenti nel menù di Altrove, ce l’hanno le spezie vero collante di gusto, sapori e profumi. La proposta gastronomica spazia tra piatti di carne, pesce e vegetariani in cui non mancano mai contaminazioni e fusioni. Si parte comunque dalla grandissima cucina regionale italiana, il viaggio inizia dai nostri piatti tipici che vengono studiati, rivisti. Un arricchimento culturale anche per i ragazzi che attraverso la nostra cucina tipica hanno la possibilità di “viaggiare” e di conoscere ancora meglio il Paese che hanno scelto formarsi e in cui magari decideranno di vivere parte della loro vita.
Parlando dei piatti, tra gli antipasti c’è una golosa selezione di polpette come quelle vegetariane che ricordano i falafel ma più morbide e speziate oppure le polpette di melanzane alle erbe e quelle con spinaci e patate. Tra i primi c’è la zuppa di zucca che viene prima arrostita in forno quindi ridotta in crema con l’aggiunta di spezie e infine servita con l’aggiunta del paneer, un formaggio fresco indiano che ricorda molto la nostra ricotta. Sempre tra i primi compare un piatto dal nome insolito, è la Pasta e Fagioli tra le curve. Qui la chef Agosti si è fatta ispirare da un progetto avviato da Massimo Bottura in collaborazione con il Pastificio Artigianale Mancini, dove l’essiccazione di alcuni formati di pasta lunghi (spaghetti, linguine…) avviene secondo il metodo classico, vale a dire sistemando la pasta su aste di legno. Finito questo processo si ricavano spaghetti o linguine, ma i pezzi di pasta che poggiavano sull’asta? Erano uno scarto ma oggi non lo sono più, grazie a Bottura ed anche alla chef Agosti che li ha inseriti in questa pasta e fagioli, sintetizzando perfettamente il concetto di “zero sprechi”. Non manca un omaggio alla romanità con la Cacio e Pepi, il classico primo capitolino realizzato con un blend di pepi (madagascar, sichuan, timut) non particolarmente piccanti e pungenti ma con una nota balsamica e aromatica. E per tornare a viaggiare c’è la Norma che incontra il Babaganoush, la salsa indiana a base di spezie e melanzane che va ad impreziosire il tonnarello. I secondi sono stati pensati rispettando profondamente le usanze alimentari e religiose, prediligendo la carne di pollo e di pecora e limitando l’uso di quelle di manzo e maiale (qua chiedi conferma).
Tra i piatti più rappresentativi troviamo lo spezzatino di pecora in cui la carne, viene marinata in vino bianco e spezie (cannella, anice stellato, pepe) e poi cotta lentamente diventando morbidissima, quasi fondente. L’Orient Express, un piatto di ispirazione thai a base di pollo che viene prima infarinato e fritto e poi saltato in padella con soia e verdure. Poi servito accompagnato con riso basmati aromatizzato con il nasi goreng, una mix di verdure e spezie. Altro omaggio alla romanità, ma anche una ulteriore conferma che la cucina non ha confini. E’ la Coda alla vaccinara profumata con la grue di cacao, spolpata e servita con un cus cus palestinese integrale, cotto al vapore. E ancora il Filetto di baccalà fritto, quello classico alla romana ma al posto della pastella viene panato nel Panko giapponese e poi servito con hummus di ceci. E infine i dolci, come il tiramisù speziato in cui il caffè è aromatizzato con chiodi di garofano, buccia di arancia e limone e il Kulfi, un semifreddo alla vaniglia di origine indiana con pistacchio, zafferano e cardamomo. Sintetico ma doveroso approfondimento su selezione e acquisto delle materie prime, perché qui da Altrove l’obiettivo è di proporre una offerta ristorativa responsabile.
La carta dei vini
Una carta libera da etichette e vincoli, libera dalla tirannia dei grandi nomi della viticultura italiana ma anche dalle mode effimere del naturale a tutti i costi. Una carta che privilegia il vino da bere con voluttà, non da guardare o da degustare, un vino che dà pienezza e felicità. Che si tratti di un bianco minerale, sapido o di un rosso fresco, strutturato, complesso, sono tutte bottiglie dallo straordinario rapporto qualità prezzo, non facili da trovare in un settore, quello della ristorazione, che anche in questo settore si è omologato, con carte tutte uguali e etichette che si ripetono. Dal Friuli alla Calabria, una carta snella e divertente, per chi vuole scoprire qualcosa di nuovo, senza rischiare delusioni.