Lo studio “L’impatto dell’emergenza sulle imprese culturali a Roma”, promosso da Confcommercio, fotografa la situazione drammatica del settore teatrale e cinematografico a Roma. Solo uno su dieci nel weekend 9-12 luglio aveva già ripreso l’attività. La perdita nell’incasso rispetto allo stesso weekend dello scorso anno è stata del 95.7%
Due sono le cause principali della crisi. La prima sono le rigide norme di distanziamento sociale, che costringono a ridurre le presenze in sala e che sembrano particolarmente stringenti se confrontate con quelle previste per altre tipologie di esercizi commerciali. La seconda è la mancanza di nuovi prodotti che possano attrarre il pubblico; questo mette in moto un pericoloso circolo vizioso, dato che senza film i cinema non riaprono, e coi cinema chiusi i film non vengono prodotti.
La ricerca sopracitata mostra come non siano solo teatri e cinema a essere danneggiati, ma come la crisi rischi di estendersi a tutto l’indotto: il 59% delle imprese ha ridotto i contratti coi fornitori, il 14% ha ridotto il personale, e se la gente esce meno per andare al cinema, frequenterà di meno anche altri esercizi come ristoranti e bar, per i quali è prevista una perdita del 50%.
Ciò che rende particolarmente preoccupante la situazione è la scarsa intenzione dei consumatori a ritornare a vedere film e spettacoli in pubblico. Ben il 75% degli intervistati ammette che nel prossimo periodo si recherà a cinema o teatro con minore intensità, o addirittura per niente.
Di fronte a questi dati, gli esercenti chiedono ulteriore sostegno all’amministrazione comunale, con misure quali credito d’imposta sugli affitti e abolizione dell’Imu relativi ai mesi di lock-down.