Alessandra Ruggeri è un’ostessa eclettica e intraprendente. Nel 2019 apre la sua Osteria della Trippa scegliendo Trastevere, ma lo fa spostandosi un poco fuori dal cuore fin troppo caotico di questo rione scegliendo il civico 15 di Via Mameli, una strada che lambisce l’anima di Trastevere trattenendo il bello di questo quartiere come per esempio la profonda romanità che incarna.
Questa romanità è cuore e ispirazionedel progetto che sta alla base di Osteria della Trippa. Del resto, il nome scelto dice molto della proposta gastronomica di questo ristorante, in cui la trippa e tutto il quinto quarto sono protagonisti di un menu tradizionale romano ma anche, laziale. “Io sono romana ma le mie radici affondando nella Tuscia Viterbese – spiega la titolare Alessandra Ruggeri – ed è per questo che nel menu molte preparazioni e tante materie prime provengono da Viterbo e provincia, come i formaggi, i legumi, alcune carni e molto altro.” La crescita di Osteria della Trippa è stata costante ed importanti sono i riconoscimenti che nel tempo ha avuto: Bib Gourmand Michelin nell’edizione 2023 e riconfermata anche per il 2024, premio come miglior carta dei vini Ambasciatori Beviamoci Sud 2023, da poco il Premio Roma Vini 2023.
Alessandra, forte della crescita di “L’Osteria della Trippa”, con alle spalle obiettivi raggiunti e conferme importanti, resta però ferma sulla teoria che ci sia una crescita ed un’evoluzione necessaria e dè proprio da questo che si può aprire il racconto di questo nuovo capitolo.
Un capitolo che non racconta più solo una visione, ma due perché a quella di Alessandra si affianca quella di Anastasia Paris che diventa un fil rouge tra le proposte esistenti e la ricerca di nuove proposte che assumono, sempre affiancate a quelle tradizionali, dei connotati più moderni. La Paris classe‘94 abruzzese di origine, è stata forse da sempre predestinata alla cucina: figlia d’arte e un’infanzia vissuta tra le mura del ristorante di famiglia, tra cuochi e fornelli, in quel mondo che tanto l’affascinava e che l’ha poi spinta a lasciare gli studi, a 15 anni, per toccare con mano quel caos perfetto che sentiva poter essere la sua strada.
E così è stato, a 18 anni si trasferisce a Roma per frequentare le scuole del Gambero Rosso. Da subito si rende conto che sono le cucine dei grandi Hotel la sua ambizione; questo non solo le porta vari riconoscimenti nel mondo del food, uno tra questi da Le Guide de L’Espresso, ma anche ad un continuo viaggiare. Si trasferisce infatti in Sardegna, in Umbria, in Liguria e poi il volo per l’Australia a 21 anni. Cittadina del mondo ma così profondamente riconoscente alle sue origini, tanto da percepirle nella sua cucina fatta di contaminazioni, ma anche della testardaggine e della sostanza tipica di chi è nato in quelle zone.
E proprio di ritorno da un’esperienza in Liguria che rincontra Alessandra, conosciuta con il progetto “Chef senza Corona”, durante la pandemia. Tra colleghe, come spesso accade, nascono confronti e visioni, ambizioni e progetti ed è proprio da qui che inizia un confronto aperto sulle necessità di entrambe, sulla ricerca di concretezza dell’una e di novità dell’altra.
Davanti ad una birra si rendono conto che le visioni, seppur provenienti da percorsi e vissuti diversi, riescono a combaciare e a dar vita ad una serie di idee che non sembrano irrealizzabili, ma anzi un buon punto di partenza per un percorso che racchiuda quanto più possibile l’anima di entrambe.
“Una è l’anima vecchia e l’altra giovane” scherzano, ma infondo è proprio questo lo spirito alla base della loro collaborazione, fondere la tradizione e la modernità, due approcci diversi alla cucina, età e caratteristiche caratteriali diverse.
“La cucina insegna che i contrasti sono importanti per fare in modo che un piatto sia ben bilanciato. Riporto lo stesso concetto nella vita, la diversità che può portare armonia ma anche contrasti è punto di forza: due punti di vista aiutano ad avere una visione più ampia, uno stimolo ed uno slancio diverso.”
Anastasia dal suo cilindro ha tirato fuori TRIP che è diventata la sua firma “il gioco di parole TRIP (viaggio) associato a TRIPPA è una grande verità oltre che uno scherzoso gioco di parole: da Osteria della Trippa partono una serie di viaggi, la partenza è la tradizione e il punto di arrivo la contemporaneità.
Se Alessandra è Trippa, io sono il Trip. Il viaggio che parte dalla romanità e tradizione di Alessandra e si trasforma, senza stravolgere, nel racconto moderno di Roma e del Lazio stesso.
TRIP è il contenitore delle idee condivise, l’ho immaginato come una cartella, un raccoglitore di progetti che vanno dal pranzo della domenica che è in lavorazione, ai fuori menù che cambiano nel giro di settimane ognuna di queste cose è un viaggio e il primo TRIP, ad oggi, sono le due degustazioni:
“Le Viscere di Roma”che è un viaggio nel quinto quarto che va dal “Cuore marinato e sott’aceto con insalata di melograno alla senape e Pan Brioche”, passando per gli schienali e la “Lingua di Manzo con Trasteverina in Giardiniera” in chiusura.
“Quinto Quarto Vegetale” è la degustazione vegetariana, un gioco di nomi anche qui, perché il cavolfiore diventa un cervello, l’uovo si trasforma in trippa e si arriva al secondo con “Polpette di pane, pecorino e limone con lattuga ripassata ed estratto di sedano” che è poi la rivisitazione della polpetta pane e cicoria, grande classico della cucina romana.
“La nostra scelta, ce ne rendiamo conto, è coraggiosa soprattutto per un’osteria. È facile trovare degustazioni, ma sono spesso piatti estrapolati dai menù. La nostra ambizione è invece quella di raccontare, in un percorso diverso da quello proposto in carta, quei sapori forti nella memoria di tutti noi (come il quinto quarto), in chiave elegante e tonda.”
Il vegetariano è un modo di accogliere delle esigenze sempre più reali, ma anche di stupire gli amanti della carne e gli scettici che da “Osteria della Trippa” non si aspettano un percorso vegetale. Io ed Alessandra siamo sempre state d’accordo su una visione di cucina che è condivisione e questo ci ha spinte a studiare un modo per non lasciare indietro nessuno, anzi rendere la tavola un gioco di sapori da condividere, scambiare ed è per questo che ogni tavolo ha l’imposizione di fare degustazione (non è possibile fare percorsi singoli), ma possono essere scelte entrambe. Il vero gioco è mangiare gli “Schienali accompagnati da una glassa di cipolla e Cesanese con insalata di cicoria”,parte della degustazione del quinto quarto e poter assaggiare il “Cervello di cavolfiore con crema di nocciole, castagne e alloro” di chi, sempre seduto al nostro tavolo, ha scelto il percorso vegetariano.
È forse presuntuoso dire che ogni arteria di TRIP è un modo per far cultura e far ricredere le persone su determinati sapori, consistenze e visioni?
Probabilmente sì, ma siamo anche coscienti che raccontare Roma e il Lazio, escludendo le frattaglie o la cucina vegetale che nel Viterbese costituisce una fetta importante della tradizione, sarebbe riduttivo.”