CINECITTA’: la Mostra fotografica Cinecittà – Fatti e personaggi tra il Cinema e la cronaca è allestita nello Studio 1 di Cinecittà dal 20 dicembre 2017 al 7 maggio 2018.
A volte un’immagine può raccontare più e meglio di un discorso o di una pagina un determinato momento storico, il filo di un periodo o di anni, una temperie, e cosa abbiano significato per le persone. Come nessuna arte il cinema – l’arte delle immagini in movimento – ha saputo sintetizzare il racconto della nostra contemporaneità nel Novecento. Anche oggi, e tanto più oggi, con il potere dell’immagine digitale.
Da questo semplice fondamentale assunto nasce la Mostra fotografica Cinecittà – Fatti e personaggi tra il Cinema e la cronaca, allestita nello Studio 1 di Cinecittà dal 20 dicembre 2017 al 7 maggio 2018, ideata e organizzata da Istituto Luce Cinecittà, ANSA, e Cinecittà si Mostra, che in coincidenza con gli 80 anni dalla nascita di Cinecittà, celebra il compleanno della ‘Fabbrica dei Sogni’ di Via Tuscolana sintetizzando gli ultimi 80 anni di storia d’Italia, visti attraverso la lente magica, trasfigurante, rivelatrice del grande Cinema italiano.
Lo fa attraverso le fotografie di due delle massime esperienze e depositi di immagini del Paese: gli Archivi fotografici dell’Istituto Luce e di Ansa. La prima istituzione del Cinema italiano, fondata nel 1924, uno dei più importanti archivi storici audiovisivi e fotografici d’Europa, e la prima agenzia di stampa italiana – e una delle più affermate internazionalmente, una finestra quotidiana sul mondo – si uniscono in un luogo simbolo della produzione di immaginario per comporre, insieme ai contributi di altri archivi giornalistici e fotografici, in più di 150 magnifiche immagini il ‘film’ dei nostri ultimi 80 anni: in bianco e nero e a colori, il racconto di chi siamo stati e siamo, dell’attualità, della cronaca, e di come nei decenni abbiamo sognato, sperato, immaginato di diventare. Cioè anche il nostro futuro.
La mostra di Cinecittà racconta intrecciandole l’avventura di un sogno – quello della nascita sotto il fascismo e delle trasformazioni nell’Italia democratica del cinema italiano – e di un Paese sostanzialmente pre-industriale nelle sue rapide, traumatiche, innumerevoli trasformazioni fino al volto che ha oggi, a confronto con le sfide del mondo (e del cinema) globalizzato.
La mostra
Due immagini per sintetizzare le differenze e le distanze di tempo. La prima degli anni ’30: Mussolini in visita su un set nella città del cinema. E la prima degli anni Duemila: i resti del crollo delle Torri Gemelle. In una, un uomo di potere cerca di intervenire sulle immagini per usarle come arma di propaganda (‘il cinema come arma più forte’ secondo il motto del duce). Nell’altra l’immagine è l’arma che modifica la Storia. Entrambe fanno parte del corredo del nostro immaginario collettivo. In mezzo, dal 1937 al 2017, la mostra racconta il lungo Secolo breve.
Scandita idealmente in 8 decadi, dagli anni Trenta al Duemila, l’esposizione segue i due binari paralleli di attualità e cinema, intrecciandoli suggestivamente. Le decadi sono rappresentate per il visitatore dalle ‘icone’ che più le hanno incarnate.
Gli anni Trenta sono così la posa della prima pietra (gennaio 1936) di Cinecittà, officiata da Mussolini: è la ‘Hollywood in camicia nera’ dei film dei telefoni bianchi, delle dive dell’autarchia come Assia Noris, Maria Denis, Clara Calamai, dei kolossal di un paese povero, del gigante Primo Carnera. Il sogno di un cinema che voleva imitare quello americano. La guerra poserà macerie su quel sogno, e porterà profughi e sfollati a vivere anche dentro Cinecittà. Ma sulle macerie nascerà il cinema inimitabile destinato a influenzare anche quello americano: Anna Magnani, Aldo Fabrizi, Roma città aperta, De Sica, Visconti.
Sono le immagini del Neorealismo italiano. Un paese che fa la fame si riscatta con le diapositive delle maggiorate. Gina Lollobrigida, Sophia Loren, i campi di mondine accolgono la dirompenza della Mangano. L’immaginario italiano sta per esplodere, e non c’è foto che lo testimoni meglio di quella di Audrey Hepburn in lambretta gioente nelle sue Vacanze romane; accanto, quella di Charlton Heston ugualmente romano sulla biga di Ben Hur: è la nascita della ‘Hollywood sul Tevere’, l’arrivo dei divi e dei capitali statunitensi: Kirk Douglas, Ava Gardner, Liz Taylor, l’epica dei peplum (in via Tuscolana chiamati più familiarmente ‘sandaloni’). È l’Italia in 500, e di Cinecittà al centro del mondo, grazie a un’altra parola-chiave, il titolo di un film. La dolce vita. La foto di Federico Fellini ‘dentro’ la Fontana di Trevi con Anita Ekberg vale la mostra: c’è dentro un set, un’epoca, un sogno.
Le contraddizioni del post-boom si racchiudono invece in un accostamento: Sophia Loren sul set del mitico spogliarello di Ieri, oggi e domani (1963), accanto all’urlo alienato di Lou Castel in I pugni in tasca (1965) di Marco Bellocchio. Una decade, i ’60, che inizia con un ballo in un night di via Veneto, si chiude con una 500 in fiamme davanti all’Università La Sapienza. Passano Alberto Sordi americano a Roma, Salvatori e Lorella De Luca poveri ma belli, Gagarin e Togliatti, Clint Eastwood cowboy e Richard Burton in attesa della sua Cleopatra, Gassman/Brancaleone e Maria Callas/Medea per Pasolini. Passa un decennio lungo, che si gela nella fotografia di Moro sequestrato, e nel primo piano di Volontè cittadino al di sopra di ogni sospetto. Una crisi politica ed economica sta incidendo l’immaginario, che si fa più domestico, se le icone più comunicative ci appaiono nel tinello di casa Fantozzi, nel successo tv di Sandokan. I divi idealizzati stanno diventando personaggi, in serie.
Silvio Berlusconi inaugura una tv con Mike Bongiorno, Pertini con una coppa del mondo e Zoff, il terremoto in Irpinia, sono emblemi degli anni Ottanta. Fellini in Ginger e Fred e Scola ne La famiglia prendono a picconate un tempo che cade con il Muro di Berlino. Il cinema italiano bussa a Hollywood, con C’era una volta in America, l’Ultimo imperatore, Nuovo Cinema Paradiso. E negli anni ’90 arriva per ben tre volte sul tetto del mondo degli Oscar, con Tornatore, Salvatores, Roberto Benigni. Ma l’Italia assiste a un traumatico confronto con il reale. Sono le immagini di Capaci, dello sbarco della nave Vlora con 20.000 cittadini albanesi, e le manifestazioni milanesi di Tangentopoli. Un reale cui rispondono i fotogrammi di autori chiaroveggenti come Nanni Moretti, e Gianni Amelio; o il finale per nulla ridanciano dell’attore-medium italiano, Alberto Sordi, in Nestore ultima corsa.
Il lungo finale del film del secolo che termina con un millennio è consegnato a una carrellata di eventi, contraddizioni, successi, che hanno visto spesso in Cinecittà un luogo delle trasformazioni: in casa del Grande Fratello o del Medico in famiglia; nello Studio 5, la casa-ufficio di Federico Fellini visitata da Benigni per recitare la nostra Costituzione, in Chris Martin dei Coldplay in concerto davanti al set di Rome. I funerali mediatici (e cinematografici), commoventi di Giovanni Paolo II – un attore in gioventù – sono preludio all’abbraccio storico di due Papi: Benedetto XVI e Francesco. Federica Pellegrini vince un’Olimpiade, Dario Fo un Nobel. Lampedusa è la porta delle contraddizioni d’Europa; un nuovo realismo, come quello di Gianfranco Rosi, la porterà a Berlino e a farsi sentire e vedere in una notte degli Oscar.
La porta di Cinecittà, immagine finale del percorso, restaurata a nuovo splendore nel 2014, resta ancora un ingresso per leggere la storia d’Italia, e dei sogni degli italiani.
Queste e tante altre immagini si dispiegano negli 80 anni della Mostra, raccolte in un Teatro di posa, nel quale i visitatori trovano anche due postazioni video, curate dall’Archivio storico Luce, con immagini di film, set, cinegiornali. Sequenze notissime accanto ad altre rare, per incantare e raccontare questo incontro di cronaca e sogni.
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